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Come sta andando il recupero dei rifiuti in Europea?

Secondo Eurostat, tra il 2004 ed il 2022, si è assistito ad aumento del 40%. Ma qual è la differenza tra la situazione europea, nel suo complesso e quella italiana?

Lo studio di Eurostat

Secondo uno studio pubblicato il 17 ottobre 2024 Eurostat ha evidenziato, nell’intervallo di tempo considerato, un considerevole aumento dei rifiuti recuperati (40,6%), mentre la quantità complessiva dei rifiuti trattati è aumentata solo del 5%. Nello stesso lasso di tempo il quantitativo di residui destinati allo smaltimento ha segnalato un calo del 25,1%.

Nell’Ue il riciclaggio è la forma di recupero più utilizzata (40,8%) seguito dal riempimento (14,2%) (in cui i rifiuti non pericolosi sono utilizzati per il ripristino di aree escavate o per il rimodellamento del paesaggio) e dal recupero di energia (6,4%).

L’andamento del recupero tra i vari paesi comunitari

Lo studio ha inoltre messo in luce un diverso andamento tra i Paesi Ue nell’utilizzo dei diversi metodi di gestione dei rifiuti.

In Europa, i livelli di riciclo dei rifiuti variano significativamente, con l’Italia al vertice: nel 2022 ha riciclato l’83,4% dei rifiuti, superando di oltre 30 punti percentuali la media UE (52,6%) e distanziando paesi come Germania (70%), Francia (64,4%) e Spagna (59,8%).

Si ritiene questo sia dovuto, ovvero in gran parte attribuito a un solido sistema di gestione dei rifiuti e all’elevata efficienza dell’industria italiana nel recupero delle materie prime seconde, specialmente nei settori della carta e dell’imballaggio.

A livello di rifiuti urbani, invece, la Germania è leader con circa il 71% di riciclo, mentre la media UE si attesta poco sotto il 50%. Questo settore evidenzia come alcuni paesi abbiano ottenuto notevoli miglioramenti grazie a tecnologie avanzate e alla promozione dell’economia circolare, ma non sempre con livelli uniformi tra le diverse categorie di rifiuto.

L’italia e il mondo dei rifiuti

Secondo le statistiche Eurostat aggiornate a settembre 2024, l’Italia ha raggiunto traguardi importanti nel campo della gestione dei rifiuti ma deve ancora affrontare alcune criticità.

Nel 2022, il totale dei rifiuti urbani prodotti nel Paese ha segnato un calo, attestandosi a circa 29 milioni di tonnellate, con una produzione pro capite di 492 kg per abitante, in diminuzione rispetto all’anno precedente. Questo dato si allinea agli obiettivi di riduzione e prevenzione dei rifiuti dell’UE, volti a incentivare l’economia circolare e la sostenibilità ambientale.

La raccolta differenziata ha raggiunto il 65,2% dei rifiuti urbani prodotti, segnando un progresso e superando per la prima volta l’obiettivo europeo fissato per il 2012.

Tuttavia, persistono difficoltà nella gestione dei rifiuti organici e alimentari, che costituiscono una quota rilevante di quelli prodotti, principalmente da filiere come il settore alimentare e le famiglie. Inoltre, l’Italia ricorre ancora in misura eccessiva alla discarica, con il 17,8% dei rifiuti urbani smaltiti in questo modo, valore superiore all’obiettivo UE di riduzione al 10% entro il 2035.

Questi dati evidenziano i progressi dell’Italia nella raccolta differenziata ma segnalano anche la necessità di migliorare ulteriormente nella gestione sostenibile dei rifiuti, in particolare attraverso il riciclo e la riduzione del conferimento in discarica.

Libro verde sulla politica industriale: al via le consultazioni

Il “Libro Verde Made in Italy 2030”, presentato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, è una pubblicazione che mira a tracciare una strategia industriale per garantire la competitività e la sostenibilità del Made in Italy nei prossimi anni. Il MIMIT ha iniziato le consultazioni, che si concluderanno il prossimo 31 Dicembre. Di cosa si tratta e i passaggi successivi, per la definizione della nuova strategia industriale italiana.

Di cosa si tratta

Il “Libro Verde Made in Italy 2030”, presentato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, è una pubblicazione che mira a tracciare una strategia industriale per garantire la competitività e la sostenibilità del Made in Italy nei prossimi anni. Questo documento è stato creato con l’obiettivo di favorire un ampio dibattito su come sviluppare una nuova politica industriale italiana, ed è il primo passo verso il futuro “Libro Bianco,” previsto nel 2025. La fase attuale prevede una consultazione pubblica aperta fino a dicembre 2024, invitando aziende, enti e cittadini a contribuire alla definizione di questa strategia condivisa.

Quali sono i punti fondamentali trattati

I punti fondamentali affrontati nella pubblicazione, riguardano:

  • allineamento con l’UE: con essa si punta ad un allineamento con le politiche comunitarie europee, specialmente per quanto riguarda le sfide del Green Deal e l’innovazione tecnologica;
  • ruolo dello Stato e delle imprese, per cui si propone la realizzazione di una politica industriale che vede lo Stato “stratega,” ovvero nel ruolo di coordinato delle risorse utili ad affrontare le transizioni ecologica, digitale e geopolitica;
  • sostegno alle filiere produttive, dove, riconoscendo il valore delle filiere italiane, si intende promuovere il rafforzamento dei distretti industriali e delle catene di fornitura per migliorare la resilienza economica;
  • competitività e attrazione di investimenti, per cui viene posto l’accento sulla necessità di rendere l’Italia un polo attrattivo per investitori internazionali, con incontri annuali per monitorare gli obiettivi e i progressi.

I prossimi passaggi

In particolare, il MIMIT ha aperto una consultazione pubblica che si concluderà il 31 dicembre 2024.

Questo processo culminerà nella redazione del “Libro Bianco,” che formalizzerà gli indirizzi strategici per la politica industriale italiana dei prossimi anni, includendo una prospettiva che guarda oltre il 2030: sulla base delle osservazioni che saranno raccolte attraverso la consultazione, il MIMIT definirà tale nuova strategia di politica industriale e, successivamente, costituirà la “Conferenza delle Imprese e delle Filiere” con l’obiettivo di attuare la strategia e monitorare l’impatto degli interventi adottati.

La posizione di Confindustria

Confindustria intende rispondere alla consultazione coordinando un posizionamento il più possibile coeso e coerente del proprio Sistema associativo. A tal fine, la struttura elaborerà un primo documento di posizione, che sarà poi condiviso con tutti voi per raccogliere input e assicurare così un modello di politiche industriali adeguato alle esigenze dell’industria complessivamente intesa.

Per approfondire sul Libro verde

https://www.mimit.gov.it/it/libro-verde

PNRR, M1C2, investimento 7: chiarite le modalità attuative degli investimenti dedicati produzione di energia da fonte rinnovabile per l’autoconsumo e la trasformazione sostenibile dei processi produttivi

Con la circolare 18 ottobre 2024, n. 42927 relativa ale “Modalità attuative del sottoinvestimento 7.1 “Supporto al sistema produttivo per la transizione ecologica, le tecnologie Net Zero e la competitività e resilienza delle filiere strategiche” del PNRR per la parte concernente la produzione di energia da fonte rinnovabile per l’autoconsumo e la trasformazione sostenibile dei processi produttivi”, il MIMIT fornisce i chiarimenti applicativi per l’accesso alle risorse.

Che cos’è la M1C2?

La Missione 1, Componente 2 (M1C2) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dell’Italia si focalizza su “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo.” Questo programma è volto a sostenere e modernizzare il tessuto industriale italiano attraverso incentivi e iniziative che promuovano la trasformazione digitale, l’innovazione tecnologica e la sostenibilità.

L’investimento 7

Obiettivi

Questo investimento mira a sostenere la transizione ecologica, migliorando la competitività e la resilienza delle catene di approvvigionamento strategiche attraverso iniziative in settori chiave come l’efficienza energetica, la produzione di energia rinnovabile e la trasformazione dei processi produttivi verso la sostenibilità. È destinato a incentivare sia l’adozione di tecnologie a zero emissioni nette che a rafforzare la produzione di dispositivi per la transizione ecologica, come pannelli solari, turbine eoliche e pompe di calore.

 

Struttura

Modificato nel 2023, esso è diviso in due sotto-investimenti:

  • sotto-investimento 1, con un fondo totale di 2 miliardi di euro destinati ai settori dell’efficienza energetica, la produzione rinnovabile per l’autoconsumo e la trasformazione sostenibile del processo produttivo.
  • sotto-investimento 2, focalizzato sulle catene di approvvigionamento industriali.

A fronte della dotazione complessiva del sotto investimento 1, pari a 2 miliardi di euro, in sede di prima applicazione sono destinate all’attuazione del presente intervento risorse pari a 350 milioni di euro.

 

Utilizzo dei fondi

Almeno il 60% dei fondi iniziali è riservato all’efficienza energetica dei processi di produzione (anche attraverso la produzione per l’autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili, ad esclusione della biomassa), mentre il 40% delle risorse è destinato a progetti nelle Regioni del Sud Italia: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, in linea con la normativa sulla governance del PNRR.

Condizioni operative per accedere ai finanziamenti

Entrando nel dettaglio del provvedimento, i progetti d’investimento per essere ammessi devono raggiungere almeno uno dei seguenti obiettivi ambientali:

  1. riduzione delle emissioni dirette di gas serra di almeno il 40% rispetto alla situazione precedente, tramite l’elettrificazione dei processi produttivi o l’uso di idrogeno e combustibili rinnovabili derivati dall’idrogeno;
  2. riduzione del consumo di energia di almeno il 20% rispetto alla situazione precedente negli impianti industriali oggetto delle agevolazioni.

Nello specifico, qualora l’intervento preveda il passaggio all’uso di idrogeno, i progetti per essere ammessi devono rispettare diverse condizioni:

  • l’idrogeno e i combustibili da esso derivati deve essere prodotto esclusivamente da fonti energetiche rinnovabili, secondo le metodologie definite dalla direttiva (UE) 2018/2001;
  • le apparecchiature coinvolte devono essere “hydrogen-ready”, ossia compatibili al 100% con l’idrogeno senza richiedere ulteriori modifiche;
  • entro il 2032, almeno il 75% degli input energetici dell’unità tecnica deve provenire da idrogeno rinnovabile, con un passaggio totale previsto entro il 2036;
  • l’ uso di combustibili rinnovabili derivati dall’idrogeno (liquidi o gassosi e derivare da fonti rinnovabili diverse dalla biomassa) deve garantire una riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 70% rispetto ai combustibili fossili;
  • l’idrogeno deve costituire almeno il 40% degli apporti energetici annuali dall’inizio dell’operatività dell’unità tecnica oggetto dell’intervento;
  • le riduzioni delle emissioni devono derivare direttamente dall’investimento sovvenzionato  ed essere misurate confrontando il livello di emissioni post-intervento con la media degli ultimi cinque anni precedenti la richiesta di aiuto.

Se invece gli investimenti sono per la riduzione del consumo di energia, la percentuale di riduzione deve essere calcolata considerando:

  • solo i consumi direttamente correlati all’investimento sovvenzionato, escludendo riduzioni che avvengono presso terzi o nuovi impianti;
  • la stessa tipologia e quantità di produzione rispetto alla situazione precedente, con un aumento massimo del 2% della capacità produttiva complessiva consentito per esigenze tecniche;
  • il confronto tra il livello di consumo energetico post-intervento e la media dei consumi registrati nei cinque anni precedenti la richiesta di aiuto.

In tutti i casi non sono ammissibili investimenti per nuovi impianti destinati a produrre beni non precedentemente realizzati dai beneficiari. Per questo, non devono essere volti a conseguire un aumento della capacità produttiva, fatta eccezione degli aumenti derivanti da comprovate esigenze tecniche comunque limitati entro il 2% rispetto alla situazione precedente l’aiuto.

Considerando, infine, il principio DNSH, nel caso di investimenti relativi ad attività rientranti nel sistema europeo di scambio di quote di emissione (ETS), devono consentire di realizzare una riduzione di emissioni di gas a effetto serra dell’impianto beneficiario al di sotto dei parametri di riferimento per l’assegnazione gratuita delle quote di emissione stabilite dal Regolamento di esecuzione (UE) 2021/447 della Commissione.