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Legittimità delle clausole di prossimità territoriale negli appalti per il recupero dei rifiuti: analisi della sentenza del Consiglio di Stato n. 2680/2025

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2680 del 31 marzo 2025, ha confermato la legittimità delle clausole inserite nei bandi di gara per l’affidamento di servizi di recupero rifiuti che richiedono la disponibilità di impianti entro una distanza massima. Tale requisito è ritenuto una corretta applicazione del principio di prossimità sancito dall’art. 181, c. 5, D.Lgs. 152/2006, le cui finalità di tutela ambientale giustificano la limitazione senza violare il principio della libera concorrenza.

Introduzione: appalti pubblici e principi nella gestione dei rifiuti

Le procedure di affidamento dei servizi pubblici, in particolare nel settore strategico della gestione dei rifiuti, sono disciplinate non solo dai principi generali in materia di contrattualistica pubblica (codificati, ad esempio, nel D.Lgs. 36/2023), ma anche da specifici criteri settoriali volti a garantire la sostenibilità ambientale delle operazioni. Tra questi, il principio di prossimità assume un rilievo particolare nella gestione dei flussi di rifiuti, orientando le scelte logistiche e impiantistiche verso soluzioni che minimizzino gli impatti ambientali legati al trasporto. Una recente pronuncia del Consiglio di Stato (Sentenza n. 2680 del 31 marzo 2025) è intervenuta proprio sulla legittimità dell’applicazione di tale principio all’interno delle procedure ad evidenza pubblica, specificamente in relazione all’affidamento del servizio di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani (FORSU).

Il principio di prossimità nella gestione dei rifiuti: fondamento normativo e ratio ambientale

Il principio di prossimità trova il suo fondamento normativo esplicito nell’articolo 181, comma 5, del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Testo Unico Ambientale). Questa disposizione stabilisce che, nella gestione dei rifiuti, deve essere privilegiato il recupero e lo smaltimento nel luogo più vicino possibile a quello di produzione, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi. La ratio sottesa a tale principio è eminentemente ambientale: limitare il trasporto dei rifiuti su lunghe distanze contribuisce a ridurre le emissioni di gas climalteranti associate ai mezzi di trasporto, il congestionamento stradale, il rischio di incidenti e, più in generale, l’impronta ecologica complessiva della filiera di gestione. L’articolo 181, comma 5, impone alle stazioni appaltanti di favorire attivamente l’applicazione di questo principio, “anche con strumenti economici”, riconoscendone quindi il valore strategico per una gestione ambientalmente sostenibile.

Legittimità delle clausole di prossimità nei bandi di gara: bilanciamento tra tutela ambientale e libera concorrenza

L’inserimento nei bandi di gara di clausole che impongono requisiti di prossimità territoriale per gli impianti di trattamento o recupero (come la disponibilità di un impianto entro un raggio chilometrico definito) solleva inevitabilmente questioni relative al potenziale contrasto con il principio della libera concorrenza, cardine del diritto degli appalti pubblici. Tali clausole, infatti, limitano oggettivamente la platea dei potenziali concorrenti a quelli che dispongono di strutture nell’area geografica designata. Tuttavia, il Consiglio di Stato, nella sentenza in esame, ha ribadito un orientamento consolidato secondo cui tale limitazione è legittima quando costituisce una diretta e proporzionata applicazione del principio di prossimità sancito dal Testo Unico Ambientale. Il Giudice amministrativo opera un bilanciamento tra gli interessi in gioco, riconoscendo che le prevalenti ragioni di tutela ambientale, esplicitamente codificate dal legislatore all’art. 181, comma 5, giustificano una restrizione dell’accesso al mercato, purché tale restrizione sia funzionale al raggiungimento dell’obiettivo ambientale e non risulti sproporzionata.

La pronuncia del consiglio di stato sul caso specifico (Sent. n. 2680/2025)

Nel caso specifico sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2680/2025, era stata impugnata la lex specialis di una gara indetta da un comune dell’Emilia-Romagna per l’affidamento del servizio di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani (FORSU) proveniente dalla raccolta differenziata. Il bando prevedeva una clausola che escludeva dalla partecipazione i concorrenti che non fossero in grado di indicare, nella propria offerta, impianti di conferimento e recupero situati entro una distanza massima (variabile tra 25 e 35 km a seconda del lotto) dalla sede legale della stazione appaltante. Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso, giudicando tale clausola pienamente legittima. I giudici hanno affermato che la limitazione territoriale imposta non era affatto lesiva della concorrenza, bensì rappresentava una coerente e doverosa applicazione del principio di prossimità imposto dall’articolo 181, comma 5, del D.Lgs. 152/2006, le cui finalità ambientali prevalgono, in questo contesto normativo, sulle esigenze di massima apertura del mercato. La decisione sottolinea quindi la cogenza del principio di prossimità e la sua capacità di conformare le procedure di gara nel settore dei rifiuti.