Quali sono le attività economiche definite come “sostenibili”? Interviene a definirle la Comunità europea con un Regolamento ad hoc
Con la pubblicazione di un Regolamento avvenuto lo scorso 21 novembre, la Comunità definisce quelli che sono le attività individuate come “sostenibili”
Il nuovo regolamento
Con il Regolamento 2023/2486 del 27 giugno 2023, pubblicato in GUCE (gazzetta ufficiale della comunità europea lo scorso 21 novembre), la Commissione definisce i criteri di vaglio tecnico utile a stabilire le attività economiche quali sostenibili.
Esso va ad integrare il Regolamento (UE) 2020/2085 del 18 giugno 2020 (cd. Regolamento Tassonomia) relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili.
I criteri per identificare le attività come sostenibili
In particolare, I criteri individuati dal Regolamento, che andranno in vigore dal prossimo anno, vengono materialmente ad essere contenuti negli allegati all’atto (Allegato II).
Essi riguardano diverse attività economiche come, ad esempio, fabbricazione di imballaggi in materie plastiche, fabbricazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi e pericolosi, trattamento dei rifiuti pericolosi, recupero dei rifiuti organici mediante digestione anaerobica o compostaggio, decontaminazione e smantellamento dei prodotti a fine vita, cernita e recupero di materiali dai rifiuti non pericolosi.
Unione europea: via libera definitive alle “obbligazioni verde” (“Green bond”)
Finalmente la Comunità Europea da il via al meccanismo dei prestiti obbligazionari “verdi” (I c.d. “green bond”).
I green bond
Con il voto del Consiglio Ue del 24 ottobre 2023 arriva il via libera definitivo alla proposta di regolamento che definisce il quadro per le obbligazioni verdi certificate Ue. Vediamo di cosa si tratta e quali sono le implicazioni per il mercato.
Cosa sono
Si tratta di strumenti finanziari emessi da enti pubblici o privati per raccogliere fondi per progetti e iniziative che hanno un impatto positivo sull’ambiente. Questi strumenti finanziari sono progettati per promuovere l’investimento in progetti a basso impatto ambientale o che contribuiscono in modo significativo alla sostenibilità.
Le principali caratteristiche
Queste sono tra le principali caratteristiche delle “obbligazioni verdi”:
- Scopo ambientale: I proventi dei green bond devono essere utilizzati per finanziare progetti che promuovono la sostenibilità ambientale. Ciò può includere progetti legati alle energie rinnovabili, all’efficienza energetica, alla gestione sostenibile delle risorse idriche, al trasporto sostenibile e molto altro.
- Standard di certificazione: Gli emittenti di green bond sono spesso tenuti a seguire standard di certificazione riconosciuti a livello internazionale, come le Green Bond Principles (Principi dei green bond) dell’International Capital Market Association (ICMA) o i Climate Bonds Standards.
- Trasparenza: Gli emittenti di green bond devono fornire informazioni chiare sulle finalità e l’allocazione dei proventi, consentendo agli investitori di valutare come i fondi vengono utilizzati per scopi ambientali.
- Monitoraggio e reporting: Gli emittenti di green bond devono spesso impegnarsi a monitorare e riportare regolarmente sull’andamento dei progetti finanziati, dimostrando l’efficacia degli investimenti nel raggiungere obiettivi ambientali.
- Diversificazione degli investitori: I green bond possono attirare un’ampia base di investitori, compresi coloro che mirano a combinarli con obiettivi di responsabilità sociale d’impresa (ESG) o a sostenere progetti sostenibili.
- Gli investitori nei green bond possono guadagnare interesse sugli investimenti e allo stesso tempo contribuire a promuovere la sostenibilità ambientale. Gli emittenti di green bond, d’altra parte, possono accedere a finanziamenti per progetti sostenibili e dimostrare il loro impegno verso la responsabilità ambientale.
È importante notare che il mercato dei green bond è in costante evoluzione e le regole e le pratiche possono variare a seconda del paese e dell’ente emittente. Tuttavia, l’obiettivo principale dei green bond rimane quello di incentivare gli investimenti sostenibili per affrontare le sfide ambientali globali.
Cosa richiede la Comunità
Con la proposta di regolamento, viene ad essere regolamentato l’uso della denominazione “European green bond” o “EuGB”, in tal senso da applicare alle obbligazioni emesse per finanziare obiettivi di sostenibilità ambientale.
Il “marchio” consentirà al mercato di associare i titoli obbligazionari targati Ue agli obiettivi di sostenibilità ambientale nell’ottica della Strategia dell’Unione per finanziare la crescita sostenibile e la transizione verso un’economia climaticamente neutra al 2050.
Gli obiettivi delle obbligazioni verdi
È quello di essere investiti in attività economiche allineate alla tassonomia dell’Ue ex regolamento 2020/852/Ue (elenco delle attività “sostenibili”) a condizione che i settori interessati ne siano già coperti.
Tuttavia, per i settori non ancora coperti dalla tassonomia dell’Unione e per alcune attività molto specifiche ci sarà un cuscinetto di flessibilità (flexibility pocket”) del 15% per investimenti “non allineati”.
Le misure per evitare il fenomeno del greenwashing
Per evitare il greenwashing nel mercato delle obbligazioni verdi in generale, il regolamento prevede anche alcune prescrizioni in materia di informativa volontaria per altre obbligazioni ecosostenibili e obbligazioni legate alla sostenibilità emesse nell’Ue; quindi, quelle non “targate” come obbligazioni Ue.
DNSH: upgrade per gli orientamenti tecnici della Commissione Europea
Con una comunicazione di inizio ottobre, la Commissione Europea provvede ad aggiornare gli orientamenti tecnici della Commissione Europea. In cosa consiste il principio e quali sono I contenuti della comunicazione.
In cosa consiste il principio
È l’abbreviazione di “Do Not Significantly Harm”, ovvero “Non causare danni significativi” o “Non provocare danni rilevanti”.
Si tratta di un principio, utilizzato in contesti in cui si sta discutendo di questioni ambientali o etiche, con il quale si sottolinea l’importanza di evitare danni gravi o significativi all’ambiente, alla salute, o ad altre situazioni.
Può essere un concetto guida nella pianificazione e nella valutazione di decisioni o azioni che potrebbero avere un impatto negativo su un dato sistema o situazione.
Il pilastro centrale di Next Generation EU riguarda proprio il dispositivo RRF che implementa il suddetto principio e che, tra i vari obiettivi, si propone di sostenere interventi che contribuiscano ad attuare l’Accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, in coerenza con il Green Deal europeo.
Il rapporto con la pianificazione del PNRR
Il principio Do No Significant Harm (DNSH) prevede che gli interventi previsti dai PNRR nazionali non arrechino nessun danno significativo all’ambiente: questo principio è fondamentale per accedere ai finanziamenti del RRF. Inoltre, i piani devono includere interventi che concorrono per il 37% delle risorse alla transizione ecologica.
Tutte le misure inserite nei PNRR devono essere conformi al principio DNSH ed è compito degli Stati membri dimostrarne il rispetto.
Tutti i progetti e le riforme proposti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano sono, quindi, stati valutati considerando i criteri DNSH.
Coerentemente con le linee guida europee, la valutazione tecnica ha stimato in una prospettiva a lungo termine, per ogni intervento finanziato, gli effetti diretti e indiretti attesi.
Gli effetti generati sui sei obiettivi ambientali da un investimento o una riforma sono quindi stati ricondotti a quattro scenari distinti.
La comunicazione
Ritornando sul tema del post, la comunicazione viene pubblicata lo scorso 11 ottobre, e reca “Orientamenti tecnici sull’applicazione del principio “Non causare danni significativi” ai sensi del regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza.
La versione aggiornata riprende il contenuto della precedente Comunicazione 2021/58-01, fornendo orientamenti agli Stati Membri su come valutare le misure da includere nei Piani di ripresa e resilienza, tenendo in considerazione il principio “Non Causare Danni Significativi” (DNSH) e il loro impatto sugli obiettivi ambientali dell’Unione.
Rispetto alla precedente edizione, nel capitolo 2.4, si fa riferimento ai prodotti finanziari realizzati nell’ambito del Fondo InvestEU, per i quali è richiesto di dimostrare che non causino danni significativi ai sei obiettivi ambientali indicati nell’articolo 17 del Regolamento (UE) 2020/852, seguendo le norme InvestEU insieme alle politiche pertinenti del partner esecutivo.
Per maggiori informazioni
Direttiva n. 98 del 2008: al via la riforma
Con una comunicazione dello scorso 5 Luglio, la Commissione europea ha dato il via alla riforma della Direttiva Quadro sui rifiuti, la n. 98 del 2008, con l’obiettivo di formare una disciplina che riguardi specifici flussi di rifiuti, con riferimento a quelli tessili ed alimentati. Che cos’è la responsabilità estesa del produttore del prodotto e quali sono i punti di interesse della riforma.
La responsabilità estesa del produttore del prodotto
In particolare, la riforma viene avviata per includere nella disciplina i flussi di rifiuti tessili ed alimentari.
Prima di andare ad osservarli, illustriamo che cos’è la responsabilità estesa del produttore del prodotto.
La responsabilità estesa del produttore del prodotto, anche conosciuta come principio di responsabilità estesa del produttore (EPR, dall’inglese Extended Producer Responsibility), è un concetto che si riferisce alla responsabilità che un produttore ha nei confronti del proprio prodotto durante tutto il suo ciclo di vita, inclusa la fase post-consumo.
Tradizionalmente, i produttori erano considerati responsabili solo per la produzione e la distribuzione dei loro prodotti, ma una volta che i prodotti diventavano rifiuti, la responsabilità veniva trasferita alle autorità pubbliche o ai consumatori stessi. Tuttavia, con l’aumento dei problemi ambientali e dei rifiuti prodotti dalla società moderna, il concetto di responsabilità estesa del produttore è emerso come un approccio per affrontare tali questioni.
La responsabilità estesa del produttore implica che i produttori siano responsabili per il proprio prodotto anche dopo che viene utilizzato e diventa un rifiuto. Ciò significa che devono prendere in considerazione la progettazione del prodotto in modo tale da ridurre al minimo gli impatti ambientali durante la fase di produzione, promuovere la riutilizzazione, il riciclaggio e altre forme di gestione sostenibile dei rifiuti, nonché finanziare e partecipare attivamente a programmi di gestione dei rifiuti.
L’obiettivo della responsabilità estesa del produttore è di spingere i produttori a prendere in considerazione gli aspetti ambientali nella progettazione dei loro prodotti, incentivando il riciclaggio e il recupero dei materiali, riducendo la quantità di rifiuti destinati alla discarica e promuovendo l’economia circolare.
L’attuazione della responsabilità estesa del produttore può avvenire attraverso la legislazione e i regolamenti governativi che impongono ai produttori di assumersi la responsabilità finanziaria e operativa per la gestione dei rifiuti derivanti dai loro prodotti. Ciò può includere il finanziamento di sistemi di riciclaggio, la creazione di programmi di ritiro dei prodotti obsoleti e l’adempimento di obiettivi specifici di riciclaggio.
I principali punti della riforma
In particolare, per quanto riguarda i rifiuti tessili, il provvedimento prevede l’introduzione di regimi di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), armonizzato in tutta la Ue.
Si prevede che i produttori debbano coprire i costi di gestione del fine vita dei tessili, a finanziamento della raccolta differenziata, delle operazioni di cernita e del riciclo nei casi in cui non potranno essere utilizzati.
L’obiettivo della Comunità è quello di garantire che i tessili usati siano selezionati per il riutilizzo e ciò che non possa essere riutilizzato sia indirizzato in via prioritaria al riciclaggio
Per quanto riguarda i rifiuti organici, invece, la proposta di Direttiva prevede obiettivi di riduzione della produzione di rifiuti alimentari per tutti gli Stati membri al 2030, in particolare una riduzione del 10 % rispetto al 2020 nelle fasi di lavorazione e produzione di alimenti, e una riduzione del 30% rispetto al 2020 nella fase di vendita al dettaglio e consumo.
ETS: dal 18 luglio 2023 in vigore
Da questa data saranno operative le nuove assegnazioni annuali di emissioni di gas effetto serra predisposte dalla UE tra il 2023 e il 2030, per i soli settori non-Ets, così come stabilito dalla Decisione della Commissione europea del 28 giugno 2023. Vediamo che cos’è l’ETS, i permessi ad inquinare e perché si è resa necessaria la revisione.
Che cos’è il sistema ETS
L’Emission Trading System (ETS) è un sistema di scambio delle quote di emissione, anche conosciuto come mercato del carbonio. È un meccanismo che mira a ridurre le emissioni di gas a effetto serra (come il biossido di carbonio) nell’atmosfera, fornendo un incentivo economico per le imprese a ridurre le proprie emissioni.
Il funzionamento dell’ETS prevede che un’autorità governativa stabilisca un limite massimo alle emissioni consentite di gas serra, creando una quantità specifica di “quote di emissione”. Queste quote rappresentano il diritto di emettere una determinata quantità di gas a effetto serra. Le quote di emissione vengono assegnate alle imprese in base a vari criteri, come la dimensione dell’azienda o l’industria di appartenenza.
Se un’azienda emette meno gas a effetto serra rispetto alle sue quote assegnate, può vendere le quote in eccesso sul mercato. Al contrario, se l’azienda supera le proprie quote di emissione, sarà necessario acquistare quote aggiuntive per coprire l’eccesso. Ciò crea un sistema di incentivi economici per ridurre le emissioni, in quanto le aziende che riescono a ridurre le loro emissioni possono ottenere profitti vendendo le loro quote non utilizzate.
L’obiettivo finale dell’ETS è quello di ridurre complessivamente le emissioni di gas a effetto serra nell’atmosfera, incoraggiando le imprese a trovare modi più efficienti e puliti per operare. Questo sistema è stato implementato in diverse parti del mondo come uno strumento chiave nella lotta contro il cambiamento climatico e nell’adempimento degli obiettivi stabiliti dagli accordi internazionali, come l’Accordo di Parigi sul clima.
Cosa sono i permessi ad inquinare
I “permessi ad inquinare” o “quote di emissione” sono strumenti utilizzati nei sistemi di scambio delle quote di emissione, come l’Emission Trading System (ETS). Questi permessi rappresentano il diritto di emettere una determinata quantità di gas a effetto serra o altre sostanze inquinanti nell’atmosfera.
Nel contesto di un sistema di scambio delle quote di emissione, un’autorità governativa stabilisce un limite massimo alle emissioni consentite e crea una quantità specifica di quote di emissione che corrispondono a questo limite. Queste quote vengono assegnate alle imprese o ad altri partecipanti in base a determinati criteri, come la dimensione dell’azienda o l’industria di appartenenza.
I permessi ad inquinare possono essere negoziati sul mercato, consentendo alle imprese di comprarne o venderne in base alle loro esigenze. Se un’azienda emette meno gas a effetto serra rispetto alle sue quote assegnate, può vendere i permessi in eccesso ad altre imprese che hanno bisogno di coprire le proprie emissioni. Al contrario, se un’azienda supera le proprie quote di emissione, dovrà acquistare permessi aggiuntivi per coprire l’eccesso.
L’obiettivo dei permessi ad inquinare è quello di creare un incentivo economico per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Le imprese che riescono a ridurre le proprie emissioni possono ottenere profitti vendendo i permessi inutilizzati, mentre quelle che superano le proprie quote devono affrontare dei costi aggiuntivi per acquistare permessi extra. Questo sistema favorisce l’adozione di pratiche più sostenibili e contribuisce alla riduzione complessiva delle emissioni inquinanti.
La rivisitazione delle quote non-ETS
Quando?
Le revisioni saranno operative dal 18 luglio 2023, per il periodo 2023-2030, a riguardo dei settori non-Ets, in relazione alla Decisione della Commissione europea del 28 giugno 2023.
Perché?
La revisione delle assegnazioni annuali di emissioni si è resa necessaria a seguito dell’emanazione del Regolamento (UE) 2023/857 che ha modificato i limiti delle emissioni di gas a effetto serra che ciascuno Stato membro è tenuto a rispettare negli anni dal 2023 al 2030 come contributo all’azione per il clima per onorare gli impegni assunti con l’Accordo di Parigi.
Quanto previsto impatta sui settori non soggetti all’Emission trading system (non-ETS), ovvero quelli non regolati dalla direttiva 2003/87/CE e riconducibili ai settori dei trasporti, del civile, dell’agricoltura, dei rifiuti e della piccola industria non inclusa nel sistema EU-ETS.
La Decisione modifica quanto già stabilito dalla decisione (UE) 2020/2126, rivedendo al ribasso le assegnazioni annuali di emissioni per il triennio 2023-2025.
Per maggiori informazioni
Consultare il sito della Commissione UE, al seguente indirizzo:
AEE quali smartphone e Tablet: in arrivo Regolamenti comunitari per ecodesign e etichettatura
Dopo una fase di consultazione tra gli operatori di settore, l’Esecutivo europeo ha presentato i testi definitivi dei provvedimenti riguardanti l’ecoprogettazione, ovvero il futuro regolamento sull’ecodesign, attualmente regolato da una direttiva del 2009.
Che cos’è l’ecodesign
Le regole sulla progettazione ecocompatibile sono stabilite dalla Direttiva 2009/125/Ce. La Commissione europea ha provveduto a presentare, lo scorso 16 giugno, proprio due proposte di regolamento su progettazione ecocompatibile ed etichettatura energetica per i tablet gli smartphone. Prima di vedere di cosa si tratta, definiamo l’ecodesign.
La progettazione ecologica, nota anche come design ecologico o design sostenibile, si riferisce alla pratica di progettare prodotti, processi e sistemi che minimizzano gli impatti ambientali negativi e promuovono la sostenibilità lungo tutto il loro ciclo di vita. Essa implica la considerazione dell’intero ciclo di vita di un prodotto, dall’estrazione delle materie prime alla produzione, all’uso e allo smaltimento.
L’obiettivo dell’ecodesign è ridurre l’impronta ambientale dei prodotti e dei sistemi, incorporando principi come l’efficienza energetica, la riduzione dei rifiuti, l’uso di materiali riciclati e la progettazione per la riciclabilità o la biodegradabilità. L’ecodesign tiene conto di vari fattori ambientali, tra cui il consumo di risorse, le emissioni di gas serra, l’uso dell’acqua, l’inquinamento e gli impatti sulla biodiversità.
Nell’ecodesign, i designer integrano i principi di sostenibilità nei processi decisionali, cercando di creare soluzioni innovative che soddisfino le esigenze umane riducendo al minimo i danni ambientali. Questo approccio spesso comporta la considerazione di materiali alternativi, l’ottimizzazione del consumo energetico, la riduzione della generazione di rifiuti e la progettazione per la longevità e la riparabilità.
I principi dell’ecodesign possono essere applicati a una vasta gamma di prodotti e sistemi, tra cui edifici, elettrodomestici, apparecchiature elettroniche, veicoli di trasporto, imballaggi e beni di consumo. Considerando gli impatti ambientali lungo l’intero ciclo di vita di un prodotto, l’ecodesign contribuisce a promuovere un’economia più sostenibile ed efficiente dal punto di vista delle risorse.
Molti paesi e organizzazioni hanno adottato l’ecodesign come strategia per affrontare le sfide ambientali e promuovere lo sviluppo sostenibile. I governi spesso stabiliscono regolamenti e standard che incoraggiano o richiedono pratiche di ecodesign, mentre le imprese riconoscono il potenziale di risparmio di costi, miglioramento della reputazione e aumento della quota di mercato offrendo prodotti ecologicamente sostenibili.
La Direttiva attuale
Qual è il contenuto della Direttiva attualmente in vigore?
Nota come Direttiva sull’Ecodesign o ErP (Energy-related Products), va a regolare i requisiti minimi di efficienza energetica e prestazioni ambientali per una vasta gamma di prodotti energetici.
Essi trova applicazione per prodotti che consumano energia, come elettrodomestici, illuminazione, prodotti per il riscaldamento e il raffreddamento, motori elettrici, ventilatori, pompe elettriche e altro ancora. Il suo obiettivo principale è promuovere l’efficienza energetica e ridurre l’impatto ambientale di questi prodotti lungo tutto il loro ciclo di vita, e riporta i seguenti principi e obblighi:
- Requisiti minimi di efficienza energetica: La direttiva stabilisce requisiti obbligatori per l’efficienza energetica dei prodotti, al fine di ridurre il consumo di energia e promuovere l’uso di tecnologie più efficienti.
- Progettazione ecocompatibile: La direttiva richiede che i prodotti siano progettati in modo da ridurre l’impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita, ad esempio, utilizzando materiali riciclabili, riducendo le emissioni nocive e migliorando la durata e la riparabilità dei prodotti.
- Etichettatura energetica: La direttiva richiede l’etichettatura dei prodotti con informazioni chiare sull’efficienza energetica, consentendo ai consumatori di fare scelte informate sull’acquisto di prodotti a basso consumo energetico.
- Analisi del ciclo di vita: La direttiva richiede valutazioni del ciclo di vita dei prodotti, considerando gli impatti ambientali dall’estrazione delle materie prime alla produzione, all’uso e allo smaltimento. Queste valutazioni guidano la progettazione ecocompatibile e l’identificazione di aree di miglioramento.
La direttiva sull’Ecodesign ha avuto un impatto significativo sulla riduzione dei consumi energetici e sull’aumento dell’efficienza dei prodotti nell’Unione Europea. Ha contribuito a migliorare l’efficienza energetica, a ridurre le emissioni di gas serra e a promuovere l’adozione di tecnologie più sostenibili.
Il futuro
A breve, appunto, entrerà in vigore un regolamento sul punto, che prevede:
- criteri di progettazione dei dispositivi relativi alla resistenza a cadute accidentali o graffi, protezione da polvere e acqua;
- utilizzo di batterie sufficientemente durevoli.
- requisiti in materia di smontaggio e riparazione;
- messa a disposizione dei consumatori di pezzi di ricambio (disponibili fino a 7 anni dalla uscita del prodotto dal mercato);
- disponibilità degli aggiornamenti del software
Etichettatura di telefonini e tablet
Le informazioni
In virtù della presenza di disposizioni riguardanti tali apparecchiature, le etichette dovranno recare le informazioni riguardanti aspetti energetici, così come definiti dal Regolamento 2017/1369/Ue[1], ed in particolare:
- informazioni su efficienza energetica;
- durata della batteria;
- protezione da polvere e acqua e resistenza a cadute accidentali.
Il punteggio di riparabilità
Viene previsto anche un punteggio di riparabilità all’interno dell’etichetta. L’obiettivo è quello di incoraggiare gli acquirenti a scegliere prodotti più duraturi, così come è avvenuto in Francia, a partire dal Gennaio di quest’anno.
[1] Si ricorda che esso stabilisce un sistema armonizzato di etichettatura energetica per una vasta gamma di prodotti, al fine di fornire informazioni chiare e comparabili sulla loro efficienza energetica, e si applica a prodotti energetici, come elettrodomestici, illuminazione, schermi elettronici, climatizzatori, vetri per l’edilizia e altri prodotti specifici. Il suo obiettivo principale è fornire ai consumatori informazioni sull’efficienza energetica dei prodotti, consentendo loro di effettuare scelte più informate e promuovendo l’adozione di prodotti a basso consumo energetico.